Come risponderà il settore moda allo stop causato dalla
pandemia del Covid-19? I numeri parlano chiaro; si ipotizza un danno di 40
miliardi considerando la cancellazione delle sfilate, lo stop della produzione
e quello delle vendite. Uno scenario per nulla incoraggiante paragonato allo
scorso anno con un calo di incassi che sfiora il 50%. A tal proposito la Camera
della Moda Italiana ha stilato un documento di 13 punti destinato al presidente
del Consiglio e ai ministri competenti "per aiutare la seconda industria
del Paese" ad uscire dall’oblio contenendo e gestendo al meglio i danni provocati
dallo squilibrio finanziario, produttivo ed occupazionale. Portabandiera di una
nuova visione più etica e responsabile è sicuramente Giorgio Armani che con una
lettera aperta al magazine wwd spiega la necessità di un rallentamento del
settore moda.
"Il declino del sistema moda, per come lo conosciamo, è
iniziato quando il settore del lusso ha adottato le modalità operative del fast
fashion con il ciclo di consegna continua, nella speranza di vendere di più, io
non voglio più lavorare così, è immorale"
Il designer è stato il primo tra i grandi nomi
internazionali a sospendere il 23 febbraio la sfilata donna della Milano
Fashion Week e a convertire tutti i suoi stabilimenti produttivi della Penisola
nella produzione di camici monouso destinati alla protezione individuale degli
operatori sanitari impegnati a fronteggiare l’emergenza Covid-19
"Non ha senso che una mia giacca, o un mio tailleur
vivano in negozio per tre settimane, diventino immediatamente obsoleti, e
vengano sostituiti da merce nuova, che non è poi troppo diversa da quella che
l’ha preceduta", ha continuato Armani.
"Ho sempre creduto in una idea di eleganza senza tempo,
nella realizzazione di capi d’abbigliamento che suggeriscano un unico modo di
acquistarli: che durino nel tempo. Per lo stesso motivo trovo assurdo che
durante il pieno inverno, in boutique, ci siano i vestito di lino e durante
estate i cappotti di alpaca, questo per il semplice motivo che il desiderio
d’acquisto debba essere soddisfatto nell’immediato. Chi acquista i vestiti per
metterli dentro un armadio aspettando la stagione giusta per indossarli?
Nessuno, o pochi, io credo. Ma questo sistema, spinta dai department store, è
diventata la mentalità dominante".
La crisi deve trasformarsi in opportunità; "per
rallentare tutto, per riallineare tutto, per disegnare un orizzonte più
autentico e vero".
"Da tre settimane lavoro con i miei team affinché,
usciti dal lockdown, le collezioni estive rimangano in boutique almeno fino ai
primi di settembre, com’è naturale che sia. Il momento che stiamo attraversando
è turbolento, ma ci offre la possibilità di aggiustare quello che non va, di
togliere il superfluo, di ritrovare una dimensione più umana. Questa è forse la
più importante lezione di questa crisi".
Una rivoluzione che riporta al centro la figura del cliente
e non più l’evento o la sfilata; una moda che rappresenta i suoi gusti e
rispetta il tempo vissuto, non quello futuro. Il tempo che sta iniziando forse
ora ad apprezzare di più. Uno stile concreto, nel rispetto dei tempi, delle
stagionalità e soprattutto duraturo. Re Giorgio docet.
Fiammetta Fiorito
Fiammetta Fiorito
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